Vertenza ArcelorMittal, la relazione USB alla Commissione Lavoro della Camera

Nazionale -

La nostra organizzazione sindacale ha ritenuto opportuno inviare la breve relazione che segue, a sostegno di quella tenuta oggi, mercoledì 2 dicembre, durante l’incontro in via telematica con la XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

 

Spett.le

XI Commissione

Lavoro Pubblico e Privato

Camera dei Deputati

Al Presidente

On. Debora Serracchiani

 

Non è possibile in via preliminare condividere il metodo utilizzato per l’impostazione della trattativa del Governo con la multinazionale ArcelorMittal, metodo che ha ridotto a soggetti passivi tutte le organizzazioni sindacali e gli enti locali del territorio pugliese e della città di Taranto.

Nonostante gli auspici e le richieste, non si è nemmeno sfiorata la possibilità di prevedere la nazionalizzazione dello stabilimento, né la definizione di un accordo di programma che indicasse una soluzione complessiva, che presupponesse il coinvolgimento e il conseguente impegno di tutti gli attori coinvolti ma anche quelli da poter coinvolgere in un percorso di messa in sicurezza e riconversione ambientale di quello stabilimento e di recupero e valorizzazione del territorio.

Accordo di Programma scomparso dal tavolo anche in contraddizione con quanto fatto sia per Genova ma anche per Trieste, dove la chiusura dell’Altoforno dello stabilimento siderurgico triestino è avvenuta grazie al lavoro di concerto di sindacato, istituzioni ed azienda per trovare una soluzione di prospettiva non solo per uno stabilimento ma per tutto il territorio Giuliano.

Per Taranto oggi invece si è deciso di fare diversamente, riportando la discussione a un vero e proprio punto di partenza, con tutto il rischio che la pesante eredità di uno stabilimento di cui gli impianti sono giunti a fine vita, si scarichi nuovamente sulla collettività come se già non bastasse l’incredibile spesa di denaro pubblico utilizzato fino a qui.  

Oggi non è dato a sapere come nei fatti si potrà concretizzare questo piano, che rimane una dichiarazione di intenti e basta. Il 10 dicembre probabilmente avremo qualche elemento in più, ma possiamo già oggi ritenerci poco soddisfatti perché questo, a differenza del “coraggio” che noi chiedevamo, si è rivelato uno “spostare le lancette dell’orologio in avanti”.

Un prendere tempo insomma, che darà risposte di ripiego alla questione ambientale e che non affronterà i problemi di recupero produttivo facendo pagare per l’ennesima volta ai lavoratori lo scotto di voler mettere a tutti i costi i soldi in mano ad una multinazionale che fin qui ha dimostrato una pessima governance della fabbrica, un atteggiamento arrogante e irrispettoso verso i lavoratori (ci riferiamo all’operato dell’AD Morselli) e di essere in piena contraddizione con l’interesse pubblico nell’ambito di questo settore strategico.

Lo schema che sarà proposto sarà – evidentemente – quello della multinazionale, o quantomeno lo ricalcherà in gran parte: aumento della produzione per step, garanzia della continuità produttiva con utilizzo in parte del forno elettrico, spegnimento di due altoforni e conseguente abbattimento delle emissioni.

Schema che una volta tradotto in numeri veri, evidenzierà l’impossibilità del riassorbimento complessivo dei lavoratori, su cui non si è ancora aperta – tra le altre cose – una discussione che indichi con chiarezza il sistema di incentivazione all’esodo volontario, la presa in carico della questione del lavoro usurante e del riconoscimento del lavoro in presenza di amianto.

Ringraziando per l’attenzione, chiudiamo dicendo che davanti a questo scenario determinato dalle scelte del Governo, si debba rimarcare ancora una volta con fermezza la necessità di prevedere un accordo di programma che parli con coraggio di nuovo modello di sviluppo economico prima di tutto, un modello che indichi la strada per una transizione economica, ecologica ed energetica capace di creare occupazione, garantendo al territorio pugliese un futuro migliore per i suoi figli.

A Taranto oggi invece si continua a morire, senza un futuro. Muore ad esempio Vincenzo, bambino di 11 anni del rione Tamburi, portato via l’altro ieri da un malattia incurabile... che si chiama capitalismo.

USB Lavoro Privato - Nazionale

Sasha Colautti - Francesco Rizzo