TAVOLA ROTONDA sulla GIUSTIZIA - Bari 12 maggio 2007
Intervento Rappresentante RdB
RIPORTIAMO L'INTERVENTO FATTO DALLA NOSTRA RAPPRESENTANTE SINDACALE AL DIBATTITO
Buongiorno a tutti, mi chiamo Lucia Zonno sono un operatore giudiziario presso il Tribunale di Bari e delegata sindacale della Rdb Giustizia Bari. Prima di tutto sento il dovere di porgere un saluto e un ringraziamento della O.S. di cui faccio parte al Movimento per la Giustizia, ai suoi rappresentanti e agli illustri ospiti di questa tavola rotonda, per averci invitato e offerto l’occasione di rappresentare il disagio che vivono i lavoratori della giustizia. Il necessario contingentamento dei tempi mi costringe ad operare una sintesi e a fare una fotografia, spero il più chiara possibile, delle condizioni in cui siamo costretti ad operare affinchè questa platea possa avere delle risposte su alcune disfunzioni che purtroppo, sempre più spesso, si verificano. Già dal 1998 (anno in cui la Rdb si è affacciata nel panorama sindacale di questa amministrazione, in generale e qui a Bari in particolare) questa O.S. si è battuta affinchè in questo “famoso” processo di trasformazione della pubblica amministrazione (ormai quasi concluso e dettato esclusivamente da motivi di ordine economico) che noi chiameremmo piuttosto “smantellamento” della pubblica amministrazione, il lavoratore venisse considerato parte attiva, attraverso il prezioso contributo riveniente dalla professionalità acquisita negli anni (frutto della quotidiana esperienza lavorativa) e non relegato a soggetto passivo, escluso da ogni decisione e confronto, come in passato si è fatto e si tenta ancora di fare. Tornando al tema di questo odierno dibattito, le condizioni di lavoro negli uffici giudiziari in generale e di conseguenza quelle degli uffici baresi, sono disastrose per una serie di fattori di natura motivazionale e di natura logistico – ambientale che brevemente illustro.
Siamo rimasti gli unici ministeriali cui non è stata riconosciuta la professionalità acquisita negli anni, con una riqualificazione o ricollocazione all’interno di quelle qualifiche e per quelle mansioni che vengono di fatto, da noi svolte già da tempo, ma non riconosciute e quindi non retribuite. Eppure siamo riusciti ad affrontare e ad attraversare brillantemente tutte le riforme succedutesi in questi anni, nonostante la scarsa o insufficiente formazione, le scarse o inesistenti dotazioni finanziarie e soprattutto, nonostante il blocco delle assunzioni e il drastico taglio delle piante organiche, a fronte di carichi di lavoro aumentati. Il problema delle dotazioni organiche è per noi rimasto irrisolto perchè crediamo che mai vi sia stata una analisi obiettiva ed attenta dei carichi di lavoro anche connessi alla costituzione di nuovi uffici, di nuove competenze e funzioni rivenienti dalla istituzione del Giudice Unico, del Giudice di Pace e della sempre più crescente domanda di giustizia. Ponendo al contrario, come unico punto di riferimento, le compatibilità di spesa, con il conseguente taglio delle piante organiche del personale amministrativo, come previsto dalle leggi finanziarie e ovviamente riverberatesi in sede locale. Nel mentre, le piante organiche relative a Magistrati togati ed onorari sono più che raddoppiate.
Quasi tutti gli uffici dell’intero distretto di Corte di Appello di Bari vedono scopertura in pianta organica nell’articolazione centrale e periferica, con punte drammatiche nelle sedi distaccate del Tribunale e del Giudice di Pace, tanto che non è infrequente ricorrere all’istituto dell’applicazione, che altro non è che distogliere i lavoratori da un ufficio per coprire l’emergenza di un altro, cosa che avviene sistematicamente anche in sede centrale. Non si riescono a garantire contemporaneamente il servizio da rendere all’utenza con il servizio da rendere all’udienza, tanto da far scaturire la necessità di una serrata discussione, ancora in corso, sul protocollo di udienza civile.
Le risorse economiche destinate ai cosiddetti consumi intermedi e nello specifico i capitoli per le spese di ufficio , quelle che poi più ci interessano per gli acquisti e ricariche di cartucce, stampanti e fotocopiatrici, non consentono di coprire sufficientemente il vero fabbisogno degli uffici giudiziari.
Le condizioni di lavoro sono altresì direttamente influenzate anche dalle condizioni logistico-ambientali in cui l’attività lavorativa deve svolgersi e in tanti uffici giudiziari siamo ancora lontani dall’operare in modo ottimale. Gli innumerevoli articoli di stampa degli ultimi anni hanno anche posto l’accento sulle tante disfunzioni che pesano sull’esplicarsi di attività in condizioni logistiche di concreta vivibilità, dalle condizioni microclimatiche alle singole postazioni di lavoro, alla insufficienza di spazi idonei e per ultimo, ma non meno importante, la diversa dislocazione degli uffici, che rende complicata e disagevole anche la più semplice delle operazioni, quale la trasmissione di atti e fascicoli in tempi brevi. Basta un giro per le cancellerie dei settori penali e civili, per aver contezza di quanto affermato: stanze piccole in cui si ritrovano “ammucchiati” faldoni, attrezzature, personale ed utenza. Mancanza di armadi, di postazioni ergonomiche, stanze troppo o poco illuminate da luce naturale, che necessitano di idonee schermature nel primo caso o di idonea luce artificiale. Sono queste le condizioni ideali per salvaguardare la salute del lavoratore previste dalla Legge 626/94? Sono queste le condizioni ideali che dovrebbero motivare e quindi spingere il lavoratore ad offrire un servizio giustizia che soddisfi il cittadino?
Nonostante tutto, in questo panorama disastroso e avvilente, in cui purtroppo si mette sempre più in dubbio la nostra efficienza e la nostra utilità allo Stato e quindi al cittadino, svuotandoci così di identità e di importanza, noi continuiamo a lavorare, tra mille difficoltà per far funzionare sempre più faticosamente, per quel che ci compete, la macchina giudiziaria. Tutto ciò in un percorso di perfetta solitudine e tenuti fuori da ogni iniziativa che comporti un cambiamento dell’organizzazione giudiziaria, quasi fossimo dei corpi estranei a questo organismo o ancor peggio dei “fantasmi”.
Siamo perfettamente consci che il mondo della magistratura e dell’avvocatura, ognuno nella diversità e specificità di ruoli e funzioni, sta vivendo lo stesso nostro disagio e difficoltà nell’esplicare e nel fornire al cittadino un servizio giustizia efficiente e credibile e per questo pensiamo che sia arrivato il momento di unire queste “solitudini”. Viaggiare su binari separati per raggiungere uno stesso obiettivo: “una giustizia migliore” non basta più.
Questa tavola rotonda potrebbe offrire oggi l’occasione per iniziare un vero dialogo e intraprendere un percorso condiviso che porti ad affrontare i problemi che ci affliggono e accomunano quotidianamente e che, in attesa di essere risolti da chi è preposto a farlo, mortificano e svuotano di contenuto il nostro utilissimo compito nella società.
Grazie.