PIANO ENERGETICO AMBIENTALE PUGLIA - Contributo alla riflessione

Bari -

Contributo alla riflessione

 

 

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

 

1)    OBIETTIVI E STRUMENTI

Il P.E.A.R. (Piano Energetico Ambientale Regionale) della Puglia non  fa altro che accettare sul piano dell’offerta “una produzione di energia elettrica superiore alla domanda interna”, pari a quasi due volte il consumo regionale. La Regione vuol proseguire in questa direzione “nello spirito di solidarietà” (a pag. 35 del piano). Si rifiuta l’opzione nucleare, ma si accettano “installazioni che consentono l’incremento dell’impiego del gas naturale …. con installazioni che ne consentano l’approvvigionamento” (ovvero i rigassificatori): quindi questo che è chiamato pomposamente piano energetico regionale, non è altro che uno specchio, più o meno fedele di quello che esiste già.

Quel che esiste è l’abnorme utilizzo di carbone che è aumentato enormemente nel corso di questi anni dai 3542  kt  del 1990 agli 8100 kt del 2004. Senza tenere conto, tra l’altro, che a Brindisi c’è una Centrale a carbone, quella di Brindisi Nord, che dovrebbe già essere chiusa ma che, grazie alla privatizzazione dell’ENEL prima e alla sua vendita ad ENIPOWER poi,  continua a produrre.

E’ evidente che questi dati di partenza sgonfiano questo pretenzioso piano energetico, poichè partono dall’accettazione di quel che esiste e che condiziona pesantemente questa Regione.

     D’altronde in un mercato capitalistico, e nel quale c’è stata la più massiccia privatizzazione e vendita di centrali elettriche effettuata dal primo governo Prodi, le Regioni non hanno nessuno strumento per intervenire.

     In pratica gli unici interventi che la Regione potrà effettuare sono “sulle strutture edilizie e dei requisiti minimi…per quanto riguarda l’impianto di riscaldamento” (pagg 40/41).

Gli interventi tra gli utenti pubblici e l’illuminazione sono i più “originali”. Si legge testualmente: il DPR 412/93 “..impone di soddisfare il fabbisogno energetico favorendo il ricorso alle fonti rinnovabili…”, ma è “generalmente disatteso”. Mentre per l’illuminazione pubblica bisogna ricorrere alle seguenti 3 azioni:  sostituzione delle lampade, interventi sui corpi illuminanti, …adozione di dispositivi atti a razionalizzare i consumi energetici, ma tutto questo non si può fare per mancanza di fondi a livello locale (pag. 45) !!!

Cosi continuando, sia per quanto riguarda  il settore produttivo che quello dei trasporti: ancora a pag. 49, terzo capoverso “Data l’attuale configurazione delle politiche tecnologiche di settore, definite a livello nazionale e comunitario, la categoria a) (parco veicolare N.d.R.) resta in larga parte esclusa dalle possibilità di intervento regionale e locale”.

 

   

      Anche dal punto di vista del risparmio energetico, seppur lodevolmente previsto, sarà una dura battaglia con chi fornisce i servizi: già ora le tariffe del Gas ed elettrica prevedono tariffe inferiori a chi più consuma. D’altronde quando il valore assoluto è il profitto, e anche l’energia diventa una merce come le altre, più se ne vende e più si guadagna.

     Nel piano si dice che “è necessario intervenire sui punti deboli del sistema di trasporto dell’energia elettrica”. Il trasporto dell’energia da vita a dispersione elettrica e quindi è antieconomico produrre e trasportarlo altrove, quindi anche da questo punto di vista bisognerebbe puntare meno su grossi impianti di produzione e più su una diffusa rete di produzione locale.

     Il Piano, infine, analizza il Governo delle fonti energetiche, peraltro in maniera evasiva per quanto riguarda la situazione a Brindisi, partendo dalla convezione firmata nel 1996 dal Comune con l’ENEL. Tale convenzione era già un accordo al ribasso, favorita dall’allora governo di centrosinistra e da una giunta di centrodestra, che vide votare contro il sindaco dell’epoca Maggi e che non prevedeva nemmeno che i costi del monitoraggio ambientale fossero curati dal Comune e pagati dall’ENEL. La convenzione non prevedeva, poi, nessuna reale prescrizione e soprattutto, nessun potere di controllo.

 

 

LE NOSTRE PROPOSTE

 

    A questo punto qualcuno può obiettare: siete sempre i soliti, criticate, ma non  fate proposte!

Bisogna allora intendersi sulla nozione di piano. Il piano non può essere solo la decisione di una serie di obiettivi, ma deve contenere in modo esplicito le metodologie e le procedure di esecuzione del piano, le riforme o i cambiamenti istituzionali necessari per poter guidare il piano nella sua attuazione, la dichiarazione esplicita della politica energetica pluriennale in termini di prezzi, costi, tariffe.

    Nessun piano energetico può dirsi tale se non copre un arco di tempo maggiore dei tempi di realizzazione di alcune parti del piano stesso.

    Il piano, in sostanza, deve avere un insieme di obbiettivi, di strumenti operativi, un programma di ricerca scientifica e tecnologica, una struttura istituzionale, una proposta di produzione.

OBIETTIVI DEL PIANO

  1. LA RIDUZIONE DELLA DIPENDENZA DALL’ESTERO (diminuzione dell’uso carbone)
  2. LO SVILUPPO DELL’INDUSTRIA NEL SETTORE ENERGETICO (non solo elettromeccanico o termomeccanico)
  3. LO SVILUPPO DELL’OCCUPAZIONE (bassi investimenti per addetto e con larghe possibilità di mercato)

In un piano energetico non ci si può accontentare degli inviti a comportarsi in modo virtuoso. Occorre agire per scoraggiare gli operatori pubblici e privati col rendere antieconomico, progressivamente, l’uso di fonti energetiche o di processi che vanno contro gli obiettivi del piano.

In ogni caso dovrà essere coercitivo a breve termine e orientativo a medio e lungo termine.

 

 

 

a.        Orientamento dei consumi

La conoscenza dei consumi, in tutti i dettagli, per tutti i settori è punto basilare per mettere in atto adeguati strumenti di intervento. I consumi vanno misurati a livello dell’utenza finale, degli usi finali di energia, non a monte, a livello delle fonti energetiche.

Bisogna dire che i consumi vanno analizzati tenendo conto che l’energia viene consumata in una delle due forme fondamentali: elettricità e calore. En  passant, c’è da dire che l’energia elettrica è meno usata di quella del calore (intorno al 30% l’energia elettrica, ma in continuo aumento).

Qui si aprirebbe una lunga discussione sul perché c’è la preferenza dell’energia elettrica rispetto a quella del calore. Si racconta che quanto il premier inglese Gladstone andò a trovare Faraday che gli illustrò le possibilità sul futuro dell’elettricità, poco impressionato dalle spiegazioni dello scienziato, chiedendo più notizie sugli usi futuri, Faraday rispose: vi servirà  a imporre nuove tasse!

Ora è indubbio che l’energia elettrica sia in alcuni campi insostituibile, ma esistono tendenze che hanno espanso i consumi di elettricità molto al di là delle necessità effettive. Il passaggio dal pubblico al privato non aiuta in questo senso.

Un’altra ragione è il rientro dei grossi investimenti fatti per la costruzione delle centrali elettriche.

Per indurre il risparmio energetico e la conversione alle fonti rinnovabili è necessario agire sui prezzi dell’energia, sia quindi sulle tariffe, sia sui costi e i prelievi fiscali. Bisognerebbe prevedere prezzi differenziati a secondo degli usi.

 

b.        Il risparmio di energia

Per ottenere il risparmio non si può che agire sul costo dell’energia, su interventi edili (coibentazione, uso dei doppi vetri ecc).  Nel trasporto privato, assolutamente da scoraggiare con l’aumento delle tasse di circolazione (e non di possesso come è ora) si potrebbe intervenire. Si pensi, per esempio, ai trasporti commerciali. In agricoltura i costi che più incidono sul prezzo sono il costo delle sementi ed il costo dei trasporti.

c.         L’aumento dell’efficienza della produzione

d.        L’accelerazione delle applicazioni delle energie rinnovabili

e.        La cogenerazione e le reti di distribuzione del calore

 

       A conclusione di questo breve scritto propedeutico alla discussione sul piano energetico regionale bisogna comunque dire che questo modo di rapportarsi alle comunità locali è sicuramente un buon segno. Bisogna, però, dare anche gli strumenti per poter intervenire su una materia, come quella delle Politiche Energetiche, che sono tecniche, ma hanno valenze politiche.

 

            P.S.

Devo un ringraziamento e una dedica al compagno Giorgio Cortellessa, che mi ha aiutato a capire questi problemi. Quello che è scritto è stato ripreso da un suo libro  “ENERGIA DOMANI” pubblicato nel 1984.

 

                                                                                                                                                    Francesco Pinto

                                            Esecutivo regionale RdB-CUB Puglia