Ex Ilva: grave atteggiamento del Governo. La mobilitazione chiude a liturgie istituzionali e dialogo a decisioni già prese
Un dispiegamento di forze dell’ordine smisurato quello di fronte al quale ci siamo ritrovati questa mattina all’ingresso della capitale. In circa 200 abbiamo bloccato l’autostrada, per manifestare la nostra frustrazione e la nostra grande preoccupazione per un futuro, quello dei lavoratori legati direttamente ed indirettamente allo stabilimento tarantino, che non riusciamo più a vedere. Dunque i timori manifestati pacificamente dai lavoratori e dalla nostra organizzazione sindacale, sono stati interpretati nella maniera più sbagliata possibile, noi stessi siamo stati trattati come dei criminali. Fatto gravissimo e preoccupante. Sono stati utilizzati per il monitorare la situazione: un elicottero, otto cellulari, almeno 15 auto di servizio, una decina di unità in borghese e una moto per un totale di oltre 100 poliziotti. Probabilmente per l’arresto di Matteo Messina Denaro sono state impiegate meno forze. Gli iniziali momenti di tensione, sono stati però poco dopo superati, anche grazie alla collaborazione nella trattativa dei dirigenti della Questura.
Altro momento della giornata di venerdì 20, che ci parla chiaramente dell’atteggiamento di questo Governo, è la mancata convocazione, tra le forze sindacali a Palazzo Chigi, dell’Usb che rappresenta circa 2000 iscritti. Significa non dare voce ad una corposa parte di lavoratori di quella fabbrica, dell’appalto e in As, dando uno schiaffo alla democrazia.
Siamo al corrente di come il ministro Fitto ha sostanzialmente consegnato la fabbrica nelle mani di Arcelormittal, sconfessando la linea seguita nei primi mesi dell’anno dal ministro Urso e che, per noi, era l’unica percorribile. Quel che è grave è che nell’incontro di fine settembre, il Governo aveva fatto intendere che non vi era alcun accordo; al contrario voci insistenti riferiscono di un accordo siglato ancor prima di quel momento, con una trattativa avviata addirittura a giugno. Dunque lo Stato starebbe “donando” lo stabilimento al privato e regalandogli anche qualche altro miliardo di euro. Tradotto in concreto: si va verso la chiusura ad opera di Arcelormittal, senza che venga immaginata una rete di protezione e tutela per la forza lavoro impiegata all’interno del sito.
Ad accompagnare tutto ciò probabilmente anche uno schema nel quale i cassintegrati, come è stato per i percettori di reddito di cittadinanza, figureranno come coloro che vivono sulle spalle dei contribuenti, piuttosto che coloro che stanno pagando più di tutti per gli errori della politica. Tutto ciò è inaccettabile e, se dovesse essere confermato, le nostre reazioni saranno ancora più pesanti.
Questa giornata però ci ha fornito un dato che offre un punto di vista diverso su come affrontare una crisi che non interessa solo la siderurgia, ma che parla al Paese: è finita la liturgia di convocazioni a cose fatte, a decisioni già prese sorvolando la sensibilità di lavoratrici e lavoratori. L'obiettivo non può essere solo un tavolo di confronto vuoto di contenuti, l'obiettivo è cambiare il paese e il modello di sviluppo economico su cui esso si fonda.
Unione Sindacale di Base