22 ottobre 2013 - Osservazioni USB Difesa all'audizione Commissione Difesa Senato

La Revisione dello strumento militare, attuata attraverso la Legge delega N. 244 del 2012, a detta dello stesso Ministro Mauro ha come scopo principale il contenimento della spesa della Difesa al cui interno si registra un aumento della parte destinata agli armamenti e un abbattimento di quella riguardante il personale.

Emergono così due questioni in contraddizione tra loro:

• da una parte l’aumento degli investimenti in nuovi armamenti lascerebbe intendere che si vada incontro a situazioni di conflitto, un dato che richiederebbe spiegazioni assai più convincenti di quelle finora fornite all’opinione pubblica. La nostra organizzazione sindacale resta convinta che il ritiro immediato dei contingenti militari impegnati all’estero – primo fra tutti il fronte in Afghanistan – rimanga la soluzione migliore sia dal punto di vista della politica estera che di quella economica per il nostro Paese;

• dall’altra si procede a destinare sempre meno risorse al capitale umano, pensando probabilmente di esternalizzare la manutenzione degli armamenti in netta contraddizione con quanto si afferma nei decreti attuativi della Legge delega.

E’ noto che nel bilancio della Difesa fino ad oggi il 70% delle risorse economiche servano per le retribuzioni del personale, dato che il 60,2%, pari ad oltre 9 miliardi e mezzo, serve a copertura delle retribuzioni di 177.000 militari, di cui 22.000 ufficiali, 54.000 marescialli, 16.000 sergenti e solo 49.000 tra soldati, marinai e avieri. Un capitolo molto più ridotto – pari al solo 9,8% del bilancio – è rappresentato dalla spesa per il personale civile.

La prestigiosa Rivista Italiana Difesa, una delle più autorevoli per quanto riguarda il settore della Difesa in Italia, ha registrato le spese del comparto per l’anno corrente. Dall’analisi, pubblicata sul numero di settembre, si legge che «per il 2013 si consolida una spesa per la Funzione Difesa pare a 14,413 miliardi di euro, con una previsione di 14,082 miliardi di euro per il 2014 e 14,506 miliardi per il 2015. Per quanto riguarda il personale, si passerà dai 9,683 miliardi di quest’anno ai 9,521 miliardi del prossimo anno, per poi risalire a 10,122 miliardi di euro nel 2015. Tali previsioni di spesa riflettono l’attestazione delle consistenze organiche da 177.300 unità di oggi a 174.343 unità nel 2015».

A giudicare da diverse fonti, il comparto Difesa sembra avviato verso una notevole fase di nuove spese per nuovi armamenti, anche attingendo risorse da altri dicasteri.

Il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) pagherà anche le fregate Fremm (5,6 miliardi per le prime sei), i blindati da combattimento Freccia (1,5 miliardi per 249 veicoli), i jet d’addestramento Aermacchi M-346 (220 milioni per la prima trance), il kit il “Soldato futuro” (800 milioni), gli elicotteri NH-90 di Esercito e Marina (3.895 milioni) e gli Agusta AW-101 dell’Aeronautica (740 milioni).

Il settimanale l’Espresso rivela che, per quanto riguarda i satelliti Cosmo SkyMed,«la Difesa ci mette 229 milioni, altri 500 circa li tirano fuori il Ministero dell’Università e Ricerca e l’Agenzia Spaziale. Lo Sviluppo Economico contribuisce anche ai 300 milioni dei satelliti Sicral per le comunicazioni. Per le nostre sentinelle orbitanti i generali prevedono di spendere circa mezzo miliardo in tre anni, inclusi 170 milioni per lo 007 delle stelle Opsat 3000 acquistato in Israele: risorse superiori a quelle per equipaggiare l’Esercito… una fetta consistente dei 1.200 milioni che si sborseranno per i “sistemi C4” servirà per aerei radar e droni: 580 milioni per acquisire due fantascientifici jet Gulfstream Caew prodotti in Israele, vere centrali di spionaggio volanti. Altri 211 milioni sono il contributo italiano per la discussa squadriglia di velivoli-robot Global Hawk voluta dalla Nato…i grandi Chinook presi negli Usa costano 974 milioni. Poi ci sono 202 milioni per acquistare 479 camionette Lince con protezione migliorata. La Marina sta completando la nuova flotta di sottomarini: i quattro modernissimi U-212 costeranno 1.885 milioni. Il documento rivela il prezzo finale della portaerei Cavour: 1.390 milioni. Le due ultime fregate Orizzonte costeranno invece 1.500 milioni, con rate fino al 2020».

(Riepilogo delle spese per programmi della Difesa del 2013 su RID – Rivista Italiana di Difesa)

Viene da chiedersi e da chiedere al governo, sulla base di quali valutazioni prevede che tutti questi nuovi armamenti possano avere una manutenzione funzionale se si procede al taglio di un terzo del personale civile addetto. Torniamo così alla premessa. Il governo ritiene che il Paese sia esposto a nuovi e impegnativi conflitti? Una risposta negativa rassicurerebbe noi e l’opinione pubblica. Una risposta affermativa non sarebbe affatto rassicurante ma porrebbe obiettivamente un problema di mantenimento e funzionamento degli apparati che contraddice i tagli annunciati contro chi svolge tale funzione. Una risposta evasiva sarebbe la peggiore in entrambi i casi.

Anche se abbiamo apprezzato la volontà sia del Sig. Ministro della Difesa che del Sottosegretario delegato alle Relazioni sindacali di rendere partecipi le organizzazioni sindacali rappresentative sui contenuti e sulle modalità di una revisione organizzativa e funzionale che va in profondità, negli incontri tenutisi in sede ministeriale abbiamo manifestato la nostra netta contrarietà ai contenuti della Legge delega con particolare riguardo ai nuovi pesanti tagli che colpiscono il personale civile che in questi ultimi tre anni è già stato ridotto di circa 11.500 unità, nonostante l’impegno profuso anche in occasione di eventi imprevedibili a supporto delle Comunità locali, provinciali e regionali.

Gli interventi di spending review che hanno previsto ulteriori tagli di personale, in aggiunta alla riduzione di altri 10.000 posti di lavoro derivante dalla Delega, determinano una situazione insostenibile e inaccettabile tale da generare un forte stato di agitazione del personale civile che, in più di un’occasione, ha manifestato il profondo dissenso sulle politiche di tagli e contenimento della spesa che da troppo tempo interessano prevalentemente il personale civile della Difesa.

La revisione dello strumento militare prevede la razionalizzazione o l’unificazione di comandi, enti e strutture legate alla logistica, alla formazione e all’amministrazione, specialmente dove queste sono analoghe tra Esercito, Aeronautica e Marina, incidendo contestualmente sul dato occupazionale con una progressiva riduzione del personale a fronte di una richiesta di maggiore efficienza/produttività dei dipendenti non compensata da alcun miglioramento professionale e economico.

La norma individua in modo puntuale e dettagliato i tagli al personale e alle risorse per l’addestramento, l’esercizio, l’efficienza di mezzi ed equipaggiamenti, mentre sugli aspetti che riguardano i sistemi d’arma e i programmi di armamento, quali i molto contestati F-35, risulta assai approssimativa e indefinita.

L’art. 2 della Legge delega contiene i principi cui si ispirerà la revisione dell’assetto strutturale e organizzativo della Difesa, tra i quali la necessità di conseguire, entro 6 anni, una contrazione strutturale complessiva non inferiore al 30%.

Alcuni dei Comandi ed Enti interessati a processi di soppressione o riorganizzazione menzionati negli annessi allegati alle bozze degli schemi dei Decreti Legislativi, hanno perso funzioni nel corso degli anni attraverso politiche di esternalizzazione delle attività e di depauperamento delle professionalità.

L’onere di queste scelte, probabilmente, sarà pagato principalmente dai dipendenti civili in termini di abbattimento dei livelli occupazionali, con maggiori criticità nelle aree produttive depresse, peraltro senza quelle agevolazioni previste per la componente militare, come: ausiliaria, aspettativa Riduzione Quadri, esonero, norme pensionistiche ancora favorevoli, transiti, etc…

Ancor più complesso è il ricollocamento del personale che opera nel settore delle lavorazioni e che rischia di essere maggiormente penalizzato. Un auspicato sblocco del turn-over, accompagnato da percorsi di formazione e lavoro gestiti all’interno delle strutture produttive, permetterebbe di assicurare continuità a questo settore, impiegando gli stessi dipendenti in qualità di formatori.

All’art. 2 della Delega, infatti, è prevista una revisione dell’assetto organizzativo del Ministero con un’eventuale diversa ripartizione di funzioni e compiti tra le aree tecnico-operativa e tecnico-amministrativa, con conseguente trasformazione degli uffici. Questa parte riguarda direttamente il personale civile. E’ nostro auspicio che le attribuzioni istituzionali e i compiti non siano messi in discussione dal processo di riforma.

E’ necessaria una formazione costante che garantisca l’aggiornamento professionale del personale e il pieno utilizzo di quanto offerto dalle nuove tecnologie, rendendo finalmente concreti, ad esempio, progetti quali la gestione digitale della documentazione amministrativa, la “dematerializzazione” dei documenti e le procedure on-line.

In merito al contenzioso e alla gestione dello stesso, che rappresenta una peculiarità per l’area tecnico-amministrativa, ci preme inoltre rappresentare la necessità di rendere le procedure più dirette, snelle e funzionali nell’ottica dei risparmi di spesa, visti gli elevati esborsi per le competenze dell’Avvocatura dello Stato e gli interessi e contenziosi che si determinano a seguito dei mancati versamenti entro le date previste di quanto dovuto ai fornitori pubblici e privati.

In tal senso, proponiamo di attivare l’iter per un intervento legislativo che consenta ai funzionari della Difesa, come avviene per le controversie in ambito lavorativo, di rappresentare l’Amministrazione in primo grado di giudizio anche per il contenzioso amministrativo.

Come già evidenziato in precedenza, la Revisione dello strumento militare punta a tagliare la spesa per il personale, con una decurtazione del 20% degli organici che fanno capo alla Difesa, passando da 183.000 a 150.000 militari e da 30.000 a 20.000 civili.

Occorre evidenziare che nell’ultimo triennio la spesa per il personale militare è aumentata del 2,2% mentre quella per il personale civile è diminuita del 5,4%, a seguito dell’applicazione delle Leggi n. 133/2010, n. 25/2010, n. 148/2011 e n. 135/2012, che hanno determinato una drastica riduzione di circa 11.500 posti di lavoro, portando la consistenza attuale reale a circa 28.000 dipendenti.

E’ evidente e oggettivamente rilevante il pesante contributo pagato dal personale civile alle politiche di contenimento dei costi, con un cospicuo aumento dei carichi di lavoro e delle responsabilità a fronte di un blocco dei contratti e delle carriere che rischia di protrarsi per otto anni.

La previsione della Delega di tagliare ulteriori 10.000 posti di lavoro dall’organico del personale civile, agendo su pensionamenti e mobilità, oltre all’esigenza di contenimento della spesa sembra dettata da altre considerazioni. Fissati gli organici a 20.000 unità, gli stessi si alimenteranno con assunzioni nei limiti stabiliti dall’attuale regolamentazione del turn-over anche attraverso il transito di circa 10.000 militari, tra non idonei al servizio e in esubero, utilizzando nei fatti gli organici della componente civile come ammortizzatori sociali.

Tale transito avverrà inquadrando “in organico” gli interessati secondo tabelle di equiparazione funzionale diverse da quelle attualmente in vigore e già fortemente penalizzanti nei confronti delle professionalità del personale civile.

Per questi motivi riteniamo che l’unica equiparazione possibile sia quella che tenga conto dei requisiti d’accesso alle aree funzionali e dei requisiti richiesti al momento del reclutamento per la componente militare, altrimenti si assisterebbe ad un gravissimo depauperamento delle professionalità civili e ad una saturazione dell’area apicale, negando in prospettiva ogni possibilità di progressione di carriera alla componente civile.

Se si guardasse agli aspetti funzionali ed organizzativi, sarebbe auspicabile ed opportuno un piano di assunzioni mirato, superando il blocco del turn-over, per garantire quantomeno le attuali dotazioni organiche e nello stesso tempo reinternalizzare quelle lavorazioni che sono andate inutilmente se non dannosamente perdute.

Sarebbe vantaggioso rendere concreto il sempre promesso processo di civilizzazione del ministero, obiettivo fallito della riforma Andreatta, che determinerebbe notevoli risparmi restituendo a funzioni operative quei militari impropriamente impiegati in mansioni amministrative e tecniche.

Per quanto attiene la formazione del personale, che pure rappresenta un punto centrale del processo di riordino che investe tutte le figure professionali, si evidenzia la mancanza di determinazione delle risorse, peraltro legate all’attuazione dei tagli di personale. Si rischia di fermarsi alla semplice enunciazione degli obiettivi di formazione, pratica che negli ultimi quindici anni è divenuta una costante nella politica del personale nel dicastero, con la conseguenza di giustificare la crescente e continua esternalizzazione dei servizi e delle funzioni svolte generalmente dal personale civile. A questo si aggiunga il dogma di considerare sempre e comunque maggiormente economiche le lavorazioni effettuate dal privato.

Formulate le suddette considerazioni, di seguito si riporta un elenco degli obiettivi che andrebbero perseguiti per assicurare funzionalità allo strumento militare e valorizzazione del personale civile, evitando processi di mobilità forzata, perdita di professionalità o addirittura rischio di licenziamenti.

- Applicare le norme per il pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero per l’intera durata della Delega, fino al 2024, a tutto il personale civile che a seguito di provvedimenti di riordino, configurazione e riorganizzazione degli Enti dovesse essere considerato in esubero, per evitare il ricorso alla mobilità forzata e alla messa in disponibilità;

- Riconoscere la possibilità di esenzione dal servizio nei dieci anni antecedenti il pensionamento con retribuzione all’85%;

- Sbloccare pienamente il turn-over agendo anche sul ripristino delle scuole allievi operai;

- Utilizzare da subito quota parte dei risparmi derivanti dal riordino per alimentare le risorse del FUA;

- Definire compiti ed obiettivi del personale civile;

- Attuare un vero processo di valorizzazione professionale del personale civile di tutte le aree del Dicastero;

- Contrattare le ricadute dei processi di riorganizzazione legati al riordino dello strumento militare e riconoscere il confronto sindacale su tutte le parti che interesseranno il personale civile;

- Reinternalizzare le lavorazioni affidate all’esterno;

- Assicurare trasparenza e riduzione effettiva degli sprechi;

- Riattivare reparti e settori lavorativi attualmente inutilizzati, dotati di mezzi e attrezzature specifiche in disuso a causa della mancanza di personale, da integrare mediante assunzione in loco, istituendo contestualmente appositi corsi di formazione in materia ambientale e di protezione civile presso le strutture ex allievi operai;

- Rivedere il quadro complessivo delle spese militari, alla luce delle richieste di razionalizzazione della spesa, destinando parte di quelle stanziate per armamenti alla formazione, all’addestramento e alla riqualificazione del personale del Dicastero;

- Sviluppare l’area tecnico-industriale secondo i compiti contenuti nell’art. 1 dello schema di Decreto riguardante l’Ordinamento;

- Regolamentare in modo rigido il transito dei militari nei ruoli civili in presenza di carenze d’organico e secondo le modalità previste dalle norme riguardanti le assunzione dall’esterno e il passaggio interno le aree per il Personale Civile, previa modifica delle tabelle di equiparazione;

- Trasferire al FUA tutte le indennità percepite dal personale militare che transita nei ruoli civili;

- Estendere le forme di tutele previste per il personale militare a quello civile (ARQ) nel caso di collocamento in aspettativa anche volontaria con il riconoscimento del 95% della retribuzione;

- Accentrare i processi di mobilità presso il Dipartimento della Funzione Pubblica per coordinare le amministrazioni in esubero con quelle carenti di personale;

- Istituire apposite Conferenze dei Servizi a livello Regionale al fine di verificare la possibilità di transito presso altre Amministrazioni, con particolare riferimento alla riserva di posti del 15%;

- Assoggettare al procedimento gli immobili inutilizzati degli Enti dismessi del Ministero della Difesa, secondo le modalità disciplinate dalla Legge 241/90 e successive modifiche ed integrazioni a cui partecipino gli Enti interessati, le Autorità competenti e le Organizzazioni Sindacali in quanto soggetti portatori di interessi diffusi.

 

Una particolare considerazione merita l’Agenzia Industrie Difesa. Infatti, gli enti hanno l’obbligo, in base alle norme vigenti, dell’economica gestione al 31/12/2014, pena la loro chiusura.

Per il conseguimento di tale obiettivo e per l’espletamento delle attività produttive (in concorrenza con le aziende private), gli stabilimenti necessitano degli investimenti indispensabili per l’acquisizione delle attrezzature e la sostituzione delle professionalità che escono dal ciclo produttivo per pensionamento. A tale riguardo si precisa che molte volte sono professionalità talmente peculiari, come quella della produzione di esplosivi non trasportabili, per cui si rende necessario un periodo di affiancamento finalizzato all’addestramento.

Senza i presupposti sopra enunciati ed in presenza del blocco del turn-over non si comprende come le unità produttive in Agenzia Industria Difesa possano raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio e garantire il controllo pubblico sugli armamenti.

Le presenti osservazioni sono state presentate in occasione dell’Audizione della Commissione Difesa Senato tenutasi il giorno 22 ottobre 2013.

Coordinamento Nazionale USB Pubblico Impiego Difesa