Binario morto? L'USB scrive alla Gazzetta del Mezzogiorno sulla "campagna dell'alta velocità"...

Caro direttore,

da tempo “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” sta conducendo la sua “battaglia” sul tema dell’ isolamento ferroviario del meridione dal resto dell’Italia. Molti imprenditori, sindacalisti e politici si sono arruolati per combattere la “battaglia della Gazzetta”.

Il sindacalismo in generale e, dagli anni 80, il sindacalismo di base in particolare, sa benissimo cosa significhi il progresso tecnologico, specie ai fini della sicurezza dell’esercizio delle modalità del trasporto ferroviario. Anzi, a costo di essere licenziati i lavoratori hanno combattuto battaglie che potremmo definire epiche. Un esempio è quella del Co.M.U. (il sindacato di base dei macchinisti) contro il VACMA (banalmente “l’uomo morto”). Una sveglietta (utilizzata in Francia, ma non solo) che dovrebbe controllare la “vigilanza” dei macchinisti alla guida dei treni ma che al massimo controlla se il macchinista è vivo e vegeto (dal che il nomignolo uomo morto). Se l’SCMT (Sistema di Controllo della Marcia del Treno) è diffuso su tutta al rete nazionale di RFI lo si deve alla battaglia che i macchinisti hanno condotto, dagli anni 90 in poi, per l’implementazione sia a terra che a bordo delle locomotive di un sistema che controllasse il loro operato, ciò per evitare disastri. Tanto per  esser chiari questa tecnologia è stata uno dei cardini che ha portato alla riduzione degli equipaggi di macchina ad un solo agente alla guida di molti treni. Quindi i macchinisti sono stati tutt’altro che retrogradi ed egoisti. La battaglia dei capitreno per la diffusione della tecnologia legata al controllo centralizzato ed automatico di chiusura delle porte delle vetture, sta salvando molte vite di viaggiatori distratti, ma ha portato alla riduzione degli stessi capitreno utilizzati di scorta ai treni per il controllo porte. Quindi i capitreno non possono essere tacciati “egoismo”. Pertanto l’USB, come sindacato di base, si fregia di rappresentare categorie di lavoratori che combattono, laicamente e da sempre, per l’ausilio della tecnologia ai fini della sicurezza dell’esercizio ferroviario. Ma proprio per questa apertura mentale che abbiamo verso la tecnologia e le sue applicazioni, non ci è chiaro l’obiettivo che si vuole perseguire con la vostra battaglia. Seguendo il  vostro spot e rileggendo l’appello, nel tentativo di ricrederci, si è rafforzata in noi l’idea della confusione. Tentiamo di spiegarci meglio. Sia nello spot che nella petizione si chiede che le regioni adriatiche siano servite da treni ad A V, quindi che siano dotate di adeguate infrastrutture. Ma nella petizione si dichiara che non è questo l’obbiettivo immediato. Si ammette che i soldi per tale opera oggi sarebbero difficile da reperire (limitando la dorsale alla tratta Bari/Bologna sarebbero necessari una trentina di miliardi euro, una ventina nelle stime più benevoli). Quindi, chiedete l’eliminazione (almeno) dei “colli di bottiglia” (che, concordiamo, sono una  vergogna nazionale) e l’implementazione sulla dorsale della tecnologia SCMT con il BEACC (Blocco Elettrico Automatico a Correnti Codificate) per elevare le velocità di linea a 200kmh (costo circa 200 mila euro/km che moltiplicati per 200/300 km necessari fino a Bologna, fanno tra 40/60 milioni di euro). Ovviamente a questo si dovrebbe sommare l’acquisto di nuovi materiali rotabili a cassa basculante: i “Pendolini”. Questi, infatti, sono gli unici rotabili che consentirebbero di elevare la velocità di linea (attrezzata con armamento pesante, BEACC, SCMT e senza passaggi a livello) da 200kmh a 220kmh. I  Frecciargento, ETR 600 (ultimi che conosciamo dotati di tecnologia “basculante”), costerebbero intorno ai 20 milioni di euro cadauno. Però attenzione Italo (il treno di NTV) non sembra che “pendoli”, quindi sarebbe utilizzabile solo a 200kmh. In ultima analisi si chiede che, almeno, si faccia in modo che i Frecciarossa o gli Italo scendessero fino a Bari (perche no fino a Lecce?). A noi, comunque, resta forte il dubbio che il vero obiettivo della campagna sia l’allungamento fino a Bari del corridoio BATCo della rete europea TEN-T. I maligni potrebbero pensare che questo sia il motivo per cui tanta “politica” ed imprenditoria si sia arruolata per la battaglia della Gazzetta. Se potessimo dare un consiglio, caro direttore, ci permetteremmo di metterla in guardia sul fatto che i volontari arruolatisi per combattere la battaglia della Gazzetta potrebbero risultare essere mercenari attratti dalla possibilità di lucrare sui finanziamenti europei. Infatti il parlamento europeo ha bloccato ad Ancona l’estensione di questo corridoio (ed i suoi relativi finanziamenti) e la petizione chiede a gran voce che arrivi fino a Bari (perché no fino a Lecce?). Sia ben chiaro che l’USB non è assolutamente contraria al prolungamento dei corridoi della rete TEN-T fino a Bari (meglio fino a Lecce e Taranto). L’USB non è assolutamente contraria al fatto che Freccerosse, Itali, Frecceargento e via sfrecciando, giungano a Bari (ma anche a Lecce o Taranto) con la velocità del fulmine. Quello che chiediamo è che non si incorra negli stessi errori madornali già commessi per l’attuazione della A V Torino-Milano e Milano-Firenze (Firenze Roma tecnicamente sarebbe Alta Capacità). Infatti, secondo noi, la realizzazione ed il mantenimento in opera di questa modalità trasportistica è pagata (grosso modo) attraverso i mancati finanziamenti al trasporto regionale/universale/cargo. A questo stato di cose dobbiamo dire che ha molto contribuito la foga liberalizzatrice/privatizzatrice in voga negli anni 90, anche tra una parte cospicua del sindacalismo Italiano. All’epoca molta “intellighenzia progressista” si schierò con le liberalizzazioni/privatizzazioni come unico rimedio all’inefficienza dell’apparato statale e chi metteva in dubbio tali teorie (specie in tema di servizi pubblici) veniva tacciato come parassita retrogrado. In verità, oggi, possiamo dire che quel piano mirava semplicemente a sottrarre al controllo popolare la gestione dei servizi pubblici per consegnarli (a gratis) nelle mani di mercati e mercanti (chi si ricorda di Cimoli, l’AD che .. “ci facciamo in quattro per voi” … e che fu osannato come risanatore delle ferrovie?). Non a caso si è celebrato un referendum che ha detto chiaramente che i servizi pubblici devono essere tali e non messi a mercato, ma si preferisce fare finta di nulla. Caro direttore oggi, poche migliaia di fortunati viaggiatori/giorno (trentamila o poco più) sfrecciano comodamente a 300kmh sulla “metropolitana d’Italia” (parole dell’AD Mauro Moretti). Nessuna invidia, sia ben chiaro.

Il fatto è che questo comfort a 300kmh è pagato dai restanti sfortunati milioni di viaggiatori (anche adriatici), che quotidianamente si spostano sulla rete nazionale (o delle ferrovie regionali), e che non hanno nemmeno un bagno da utilizzare durante le ore di viaggio percorse nel tragitto che li porta al lavoro o dai propri cari (chieda ai viaggiatori delle FAL). La città di Potenza è ancora isolata, ferroviariamente, da Foggia a causa del disastro ferroviario del 1 di dicembre, molto simile a quello occorso nei pressi di Acquaviva una decina di anni fa. L’unica differenza sta nel fatto che ad Acquaviva deragliò un saettante Eurostar, e rimase sulle cronache per mesi, a Cervaro ha deragliato una littorina con a bordo semplici operai e ferrovieri e non se ne parla più. A tal proposito vorremmo ricordare che i ferrovieri coinvolti sono ancora ricoverati per le conseguenze gravi ed uno dei colleghi ha ancora difficoltà a respirare in autonomia a causa da elle gravi ferite riportate nel deragliamento. Non le sembra assurdo, caro direttore, che mentre si sfreccia a 300kmh tra Salerno e Torino, controllati in tutta sicurezza dal Blocco Radio e dal GPS, a Potenza non si riesce a sapere se al passaggio di un treno la massicciata sia a posto? Forse prima di correre a 2300 kmh non è il caso di avere la certezza che le rotaie siano a posto?

Ha perfettamente ragione a dire che i rotabili delle Frecce che arrivano dal nord sono dei ricicloni di vecchi materiali ormai alla frutta ed inutilizzabili altrove.

Ma veramente la soluzione al problema del turismo è l’alta velocità? Non sarebbe il caso di innalzare gli standard obsoleti del trasporto universale/regionale, utile a milioni di pendolari, per poi dedicarsi all’A V? La teoria di pullman che partono dalle nostre stazioni, per il nord Italia, quando non per il nord Europa, al posto dei Treni-Notte, non centrano nulla con la liberalizzazione/privatizzazione del trasporto ferroviario e le scelte di privilegiare l’A V?

L’USB è un sindacato che ama sognare ma è costretto ad affrontare la cruda realtà della crisi e dei suoi strascichi sui lavoratori. A tal proposito, per esempio, vorremmo ricordare il licenziamento dei 21 stuart baresi addetti alla ristorazione, che hanno perso il lavoro a seguito del mancato rinnovo, da parte di Trenitalia, del servizio bar a bordo degli intercity. Quei lavoratori hanno perso il posto perché Trenitalia ha deciso di non spendere più quei soldi, ma i viaggiatori di quei intersiti non hanno perso nulla? Vorremmo ricordare che nel 2015 scade il contratto di servizio tra Regione Puglia e Trenitalia. Il dubbio che ci assale è il seguente: se per costruire l’infrastruttura A V adriatica si fosse costretti a drenare fondi, distogliendoli da altri capitoli come il finanziamento ai nuovi contratti di servizio tra le regioni rivierasche e i vari gestori del trasporto su ferro, sarebbe un danno o una opportunità per la collettività adriatica e pugliese?

 

Bari, 14 gennaio 2014

                                                                                                                      p. USB Lavoro Privato Puglia

                                                                                                                                 Giuseppe Lorusso